Le celebrazioni dell’opera, attraverso le “disattenzioni” dei disegnatori delle emissioni filateliche italiane.

Una galleria ferroviaria, il cui nome è preso dal piccolo paesino in territorio svizzero, che alla fine del XIX secolo fu considerata un’opera d’ingegneria di altissimo valore. La sua lunghezza di quasi 20 chilometri, garantiva un miglior collegamento dell’Italia industriale del nord con il resto dell’Europa. Otto anni di lavori, grazie all’operato di circa 2000 uomini, per la maggior parte italiani. Per loro fu fondato un villaggio – Balmanolesca – casette di legno allineate lungo un chilometro, con negozi, magazzini, osterie e botteghe artigiane, una scuola, una chiesa dedicata a Santa Barbara, la caserma dei Carabinieri, il cimitero, l’ufficio postale. Il 24 febbraio 1905 cadde l’ultimo diaframma della prima galleria ed il 19 maggio 1906 ci fu il viaggio inaugurale con il re d’Italia, Vittorio Emanuele III e il Presidente della Confederazione Svizzera, Ludwig Forrer. Il traffico regolare dei treni iniziò il primo di giugno del 1906.

Dopo cinquant’anni, le poste italiane decisero di ricordare tale evento con un’emissione filatelica. Un francobollo da 25 lire di colore verde con una tiratura di dieci milioni di esemplari. Un piccolo rettangolo (40 x 24 mm) per rappresentare l’avvenimento, la storia e il cambiamento epocale nel mondo dell’industria e del commercio internazionale. Fu affidato l’incarico al disegnatore Aldo Frailich.

Però, poteva stare un po’ più attento. Una serie di svarioni grafici che hanno reso questo francobollo il più bersagliato dai collezionisti.

Andiamo con ordine. Prima disattenzione. Nel francobollo sono disegnate due gallerie, mentre in origine ce n’era una sola. L’intenzione era quella di rappresentare il traforo così com’era nel 1906 e pertanto la seconda galleria non sarebbe dovuta comparire, considerando che è stata inaugurata soltanto nel 1921;

Seconda disattenzione. La locomotiva rappresentata è a vapore, ma in realtà per la linea ferroviaria del traforo, fu deciso fin dall’inizio di dotarla di una linea elettrica; la galleria fu dapprima attrezzata con il sistema a corrente alternata trifase e dal 1930 con il sistema a corrente monofase. Da segnalare, però, che il giorno dell’inaugurazione il treno fu trainato da due locomotive a vapore svizzere a causa di un guasto del locomotore elettrico;

Immagine correlataTerza disattenzione. La diligenza presente nel francobollo è stata copiata da un quadro di R. J. Koller, che però si chiama “La diligenza del San Gottardo”, un’opera del 1873 dell’artista svizzero;

Quarta disattenzione. In Italia i treni tengono la sinistra mentre il francobollo mostra il convoglio in marcia sulla destra. Non solo. Ma se vi fossero stati due binari, il convoglio inaugurale sarebbe dovuto andare nella direzione opposta a quella raffigurata, da Domodossola (ITA) a Briga (SVI) e perciò nel francobollo si sarebbe dovuto vedere il vagone di coda e non la locomotiva.

Ma non finisce qui, la “maledizione” del Traforo del Sempione, continua a colpire i disegnatori delle emissioni filateliche.

In occasione del centenario, le Poste Italiane comunicano l’emissione, per il 18 marzo 2006, di un francobollo celebrativo dell’inaugurazione del Traforo del Sempione, nel valore di € 0,62. Il francobollo è stampato dall’Officina Carte Valori dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. in rotocalcografia, su carta bianca patinata neutra, non fluorescente, non filigranata su disegno di Tiziana Trinca. Le dimensioni sono di mm 30 x 40; multicolore; tiratura: tre milioni e cinquecento esemplari;
La vignetta raffigura, in grafica stilizzata, alcuni cerchi concentrici, un binario e, rispettivamente a sinistra e a destra le bandiere italiana e svizzera a rappresentare il Traforo ferroviario del Sempione, che collega Domodossola (ITA) a Briga (SVI).

Ma anche qui il disegnatore non è stato attento: la bandiera della Svizzera è raffigurata di forma rettangolare, mentre nella realtà è quadrata.

Nel 2056 saranno centocinquant’anni dalla inaugurazione del traforo… speriamo bene.

Paolo Dolci