La breve ma intensa vita di Anita Garibaldi, si concluse tragicamente sabato 4 agosto 1849, nella fattoria Guiccioli, a Mandriole, sul vecchio corso del fiume Lamone, tra Comacchio e Ravenna.

Unica immagine accreditata di Anita: ritratto eseguito dal pittore Gaetano Gallino a Montevideo nel 1845.

Esattamente un mese prima, grazie all’intervento dell’esercito francese, la Repubblica Romana era stata costretta alla resa e Giuseppe Garibaldi, che aveva diretto l’ultima resistenza sul Gianicolo, era stato costretto, con Anita incinta, ad una lunga e travagliata fuga.

Le spoglie di Anita ebbero una storia assai tormentata. Dopo una frettolosa sepoltura in un terreno sabbioso e il fortuito ritrovamento avvenuto sei giorni più tardi, furono oggetto di una triste speculazione che ne ipotizzava l’uccisione sulla base della posizione del cadavere e presunti segni di strangolamento. L’esito delle indagini giudiziarie, condotte dalle stesse autorità pontificie che sconfessarono questa ipotesi, ancora oggi agli occhi di un certo revisionismo storico sono tacciate di essere inquinate da presunte protezioni massoniche mirate a tutelate la figura di Garibaldi.

Anita fu sepolta nel cimitero di Mandriole ma nel 1859, per iniziativa di alcuni patrioti. ne furono riesumati i resti che furono traslati nella cappella del castello di Nizza, dove rimasero fino al 1931. Nel dicembre dello stesso anno le spoglie furono trasferite provvisoriamente nel Pantheon del cimitero di Staglieno, accanto alle tombe di Nino Bixio e Stefano Canzio

Il 2 giugno del 1932 con un treno speciale proveniente da Nizza, i resti mortali di Anita Garibaldi, il cui vero nome era Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, nata a Laguna, in Brasile il 30 agosto 1821, furono trasportati a Roma.

Dalla stazione Termini la cassa, avvolta nello stesso tricolore che aveva accompagnato le spoglie di Giuseppe Mazzini, fu adagiata su un autocarro dei Pompieri che, a passo d’uomo e tra due ali di folla, trasportò il feretro fino alla sua definitiva collocazione sul Gianicolo.

Due giorni dopo, il 4 giugno 1932, furono sempre i Vigili, alla presenza della famiglia reale e di Benito Mussolini, a rimuovere l’enorme vessillo tricolore che copriva la bellissima statua equestre, opera dello scultore Mario Rutelli (bisnonno del politico Francesco Rutelli), inaugurata dalla regina Elena del Montenegro.

Un Vigile in alta uniforme il 4 giugno del 1932 rimuove il tricolore dal monumento di Anita “a cavallo rampante” forse unico caso di questo tipo di statua dedicata ad una donna. Nel basamento, che ne costituisce la tomba, sono consrvati i resti mortali

La statua rappresenta Anita Garibaldi che, con la pistola in pugno e con in braccio il figlio Menotti, cerca di sottrarsi alla cattura da parte delle truppe brasiliane durante la Guerra dei Farrapos.

Sul basamento sono posti dei pannelli bronzei che raffigurano episodi dei quali Anita fu protagonista.

Due di questi compongono un’unica scena nella quale guida una gruppo di soldati in marcia, mentre gli altri rappresentano Anita alla ricerca del corpo di Garibaldi tra i caduti della battaglia di Curitibanos e lei morente durante la fuga nelle Valli di Comacchio.

Il 20 settembre 1935 un picchetto di Vigili, in ricordo di questi eventi,partecipò, in uniforme di rappresentanza, alle celebrazioni per il centenario della guerra dei Farrapos (degli straccioni) che il governo Brasiliano volle ricordare con una targa in bronzo posta sulla tomba di Anita Garibaldi.

La squadra, come da ordine di servizio, era composta dai brigadieri Orazio Conforte e Paolo Pannucci e dai vigili Romualdo Pellegrini, Silvio Cipriani e Grottarelli.

Link dei filmati dell’Istituto Luce: